6 ans et demi de confinement en Espagne, selon le président du gouvernement Sánchez

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Durante il suo intervento pubblico di sabato 18 aprile, il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez ha dichiarato che tra i suoi successi nella lotta contro il Coronavirus, «abbiamo eseguito 1 milione di test diagnostici del tipo PCR, il più verosimile, e le prove sono passate da 20.000 a 40.000 al giorno».

Sebbene proporrà di estendere lo stato di allarme fino al 9 maggio, Sánchez ha anche annunciato che «a partire da maggio inizierà la de-escalation alla fase 2» , cioè «ci saranno diversi stati di allarme», ma non dicendo come concretamente, a parte che le misure di confinamento potranno essere diverse in ogni territorio di Spagna a seconda dei casi di contagio, e che dal 27 aprile si cercherà un accordo con le Regioni per «far uscire i bambini per un po».

Ma sembra che nessuno si sia reso conto – o almeno non abbiamo trovato altri media che hanno voluto renderne conto pubblicamente – che dovremmo preoccuparci molto per il tempo che occorrerebbe per tornare a ciò che Sánchez chiama “nuova normalità” (già la definizione è inquietante) se prendiamo sul serio gli unici punti del suo discorso in cui parla di come il governo spagnolo vuole concretamente realizzare la “de-escalation”, al di là delle sue parole generiche sull’intenzione di ammorbidire gradualmente lo stato di allarme, dette per provare rassicurare gli spagnoli dopo un mese di isolamento e ringraziarli per essere «i cittadini occidentali che hanno rispettato i limiti della mobilità con più rigore».

Se prendiamo letteralmente le parole di Sánchez che afferma che «non è possibile revocare le misure generali di confinamento» fino a non aver ottemperato alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di eseguire test di massa per «controllare la trasmissione e rilevare ogni caso di infezione», si deduce che il sistema sanitario dovrà effettuare un test diagnostico sull’intera popolazione residente in Spagna. E due volte per ogni persona, perché dovrebbe essere ripetuto almeno una seconda volta, sia per i positivi, per verificare se danno esito negativo dopo la cura e l’isolamento, sia per i negativi al primo test, dopo un tempo in cui si presume che la persona potrebbe essere stata in contatto con altri positivi (a casa con la sua famiglia, sul posto di lavoro, ecc.).

In Spagna vivono più o meno 47.000.000 di persone. Quindi ci sarebbero da fare 95.000.000 di test e al ritmo attuale di 40.000 al giorno, il governo e i centri sanitari avrebbero bisogno di 2.375 giorni per completare la diagnosi dell’intera popolazione, quando ovviamente il tempo dei test di massa deve essere il più veloce possibile, in modo che nel frattempo i risultati possano servire a curare le persone ed evitare altre infezioni. Ma soprattutto, come conseguenza del discorso di Sánchez, il governo spagnolo ci avverte che con i risultati raggiunti nella quantità giornaliera di test, non saremo in grado di uscire dal confinamento per 6 anni e mezzo.

Per vedere e ascoltare il discorso completo di Pedro Sánchez del 18 aprile 2020: https://www.lamoncloa.gob.es/presidente/actividades/Paginas/2020/18042020_prorroga.aspx

Foto: Pool Moncloa / Borja Puig de la Bellacasa

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